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      Intanto Carlo, che dal momento in cui vide Gorello con tanto felice audacia lanciarsi su la galera nemica sentì pungersi d'ira, di vergogna, e del nobile desiderio di porgergli soccorso, considerando che col modo fin lì praticato non sarebbe riuscito in nulla, chiamò ad alta voce: "Sire Gilles, andate, ed avvertite da nostra parte Michaux, Labrodérie, e quanti altri potrete raccogliere in fretta, e ordinate loro che si rechino tosto qui presso di noi."
      Sire Gilles si avvia velocissimo; Carlo, ritraendosi un poco, per essere meno impedito si cava le manopole di ferro, i bracciali, e gli schinieri, quindi torna al suo posto. Accorrevano i Cavalieri chiamati, e il Conte di Provenza così brevemente gli ammoniva: "Baroni, il timoniere della nostra galera già si lanciò su la nemica con raro esempio di ardimento e di valore: ci lasciammo rapire una bella gloria; ma da che non c'è più dato di conseguire la prima, acquistiamo almeno la seconda col dar soccorso al nostro prode fratello di armi."
      Profferita questa breve orazione, gli si restrinsero attorno; e quando venne il destro, ad un cenno si lanciarono tutti gridando: "Mongioia! Mongioia!" Come il destino volle, quantunque non si fossero al pari di Carlo alleggeriti, pervennero a salvamento sopra il legno avversario. Quella massa di uomini con tanto impeto balzata percosse d'irresistibile urto i Siciliani, che di súbito indietreggiarono: ripreso coraggio, si spinsero con nuova ferocia su i Francesi che cominciarono a piegare, e cedendo cedendo giunsero in parte, ove poco più che fossero andati oltre trovavano certissima morte nel mare.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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