Pagina (290/699)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Di rado avviene che l'uomo, posto tra la difesa disperata e la morte, non vinca la prova. I Francesi ricuperarono, sebbene a fatica, lo spazio perduto: tanta era la pressa, che non solo non potessero adoperare le mazze d'arme per taglio, ma nè di punta. Fu un urtarsi, uno spingersi e respingersi, piuttosto che ordinata battaglia. Carlo, uomo ardito, lasciando allo improvviso l'accétta, afferra il suo avversario alla strozza, e stringe si duramente, che lo getta morto per terra: qualcheduno dei più forti dei suoi compagni ebbe lo stesso pensiero, e gli venne fatto, perchè i Siciliani non dubitavano di questo modo di combattere; qualche altro avendo il pugnale l'adoperò: allora i nemici si ritirano, e sentendosi la più parte feriti esitano a dare nuovo assalto. Questo istante di dubbio decise la battaglia, imperciocchè i Francesi avendo spazio da maneggiare le accétte, in che erano valenti, gli ridussero in breve a chiedere i quartieri, che per comando di Carlo furono prestamente concessi.
      Queste cose accadevano allorchè Gorello, quasi sepolto sotto la mole carnosa del suo nemico ucciso, scampò come per miracolo dalla morte. Quegli che dette il colpo, invece di pensare a rinnuovarlo, cheto cheto lasciò l'accétta confitta nel corpo del morto, e favorendolo l'ombra si recò in altra parte per salvare la vita.
      Carlo ottenuta la vittoria, per quella specie di affetto che hanno i valorosi tra loro, come se fosse di ogni altra cosa dimentico si dà con molta premura a chiamare Gorello. Gorello, udita la voce, risponde: "Monsignore, in cortesia, sgombratemi da questo morto che tenta vendicare col peso la vita che gli ho levata.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





Francesi Siciliani Francesi Carlo Gorello Gorello