Carlo getta da parte il cadavere, e porgendo la mano a Gorello l'aiuta ad alzarsi.
Siete voi ferito?
Sì, Monsignore, e in più parti, ma non mortalmente, spero.
Ringraziato Dio e San Martino di Tours! Desiderate essere trasportato su la nostra galera?
Desidero che si cerchi di Maestro Armando; egli mi è stato compagno nella impresa, ma non l'ho più veduto al mio fianco.
Carlo ordinò che se ne facesse ricerca; poi vôltosi ai Siciliani, che se ne stavano prostrati, disse loro: "Alzatevi, voi avete fatto quello che è conceduto ad un uomo vivente di fare; voi non meritate questa umiliazione, e tolga Dio che noi abbiamo pensiero di darvela: la fortuna vi ha vinto, ma noi pregiamo la vostra prodezza, e vi ammiriamo; se tutti i vostri compagni somigliano a voi, ardua sarà la opera alla quale ci ha chiamato il Vaticano, ma degna di un figlio di Francia; così gloriosissima riuscirà a noi la nostra vittoria, e la sconfitta senza vergogna. – Ora procuriamo scampare dalla procella che tuttavia imperversa; guidateci voi, che io fido nella lealtà vostra, perchè i valorosi non furono mai traditori. Si chiami l'Ammiraglio."
Così parlava Carlo, e Dio sa, che gli vedeva il cuore, con quanta simulazione. Quello che certo si è, egli non si sentiva punto disposto a lasciarsi condurre dai vinti, e già aveva detto a Gorello: "Voi sarete il Maestro;" ma come pratico delle cose del mondo, sapeva che quando non si può adoperare la diffidenza armata (che è la meglio), non rimane altro che la ostentazione della sicurezza; ed in fatti quella sua mezza vittoria non lo poneva in istato di deporre ogni timore intorno l'ardire e la forza dei nemici.
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