La folgore percosse l'albero, e parte n'arse, parte spezzò; poi in mille lingue infiammate si diffuse su la coperta, che apparve ad un tratto allagata di fuoco; procedendo oltre si divise in minutissime scintille, che, trovando intoppo al loro cammino nelle parti della galera, con impeto maraviglioso la lacerarono, lasciando aperta la via alle onde agitate: – nessuno tra i viventi sarebbe bastevole a sostenerne il fetore opprimente, e lo strepito straziante; pensisi che sia per diventare allorquando vi si aggiunge la vampa che abbrucia i capelli e la carne, e toglie affatto il vedere. Francesi e Siciliani, gli uni su gli altri traboccarono privi di sentimento. Nè per noi sarà passata sotto silenzio la fine miserabilissima di Gorello: il troncone dell'albero, rotto dalla veemenza della saetta, precipitando a basso lo colpisce a mezzo la vita, gli fiacca la spina del dorso, e vi rimane immobile; l'infelice volendo sottrarsi alla intensità dell'angoscia stende le braccia in cerca di un oggetto, dove potersi con le mani aggrappare, e levare di sotto; raspando, raspando, le dita gli si stracciano inutilmente; – su le tavole stanno impresse le tracce sanguinose della impotenza disperata: pareva una serpe che rotta nella schiena agita la parte anteriore del corpo, mentre la posteriore già morta giace inviluppata nella polvere: quivi l'agonia lo sorprese, quivi la morte, ed egli esalò l'anima dolcemente sul cuore dello scellerato Drogone.
La galera abbandonata empivasi d'acqua per cento fessure; la gente, per quanto sforzo vi avesse adoperato, non sarebbe venuta a capo di salvarla; non potendo soccorrerla, fu sentita gorgogliare, come cosa che s'empia, dipoi barcollò un momento, e si sommerse: i flutti che si erano aperti per accoglierla nel profondo, si riunirono mormorando: ella affondò non altramente che piombo in acque grosse61. Ogni cosa scomparve: valoroso e codardo, giusto e colpevole; – la gloria dell'oceano prevalse nel fremito della vittoria.
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Siciliani Gorello Drogone
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