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      Andando oltre, giunse al luogo dove la notte precedente l'aveva rinvenuta sua madre; si fermò alquanto
      , si pose in ginocchio, si guardò attorno per ispiare se alcuno la osservasse, poi pianse sommessa: ciò fatto, raccolse un monticello di terra, si trasse di seno una Croce di pietre preziose, e ve la piantò sopra: – oh la preghiera di quella sventurata, che sospirava a mani giunte, era fervida e degna di essere intesa! – finalmente si levò, e parve volesse tornare al castello. La Regina Elena la precorse con un cuore, che se alcuna madre poserà l'occhio su questa nostra istoria potrà immaginare, perchè quei travagli possono sentirsi, non raccontarsi.
      Ben sia giunta,
      diceva la Regina Elena vedendo Yole affacciarsi su la porta della sala "ben sia giunta la figliuola del mio affetto!" e le corse incontro, e la baciò in fronte. "Dove sei stata fino adesso, che ti ho chiamata tanto, e non mi hai risposto?"
      Egli è morto.
      Chi?
      Egli.
      Il nome?
      Yole non risponde parola.
      Ah figlia mia! quando cesserai di straziare l'anima della tua povera madre? che ti ho mai fatto, perchè in questo modo tu voglia compensarmi? non sono io che nove mesi ti ho portato nel seno? non io che col mio latte ti ho nudrito, e il pianto della tua fanciullezza acquietato? Sfógati qui nel mio cuore; tutto farò per te, – tutto, pur che non ti veda infelice: – dove speri pietà più profonda di quella di tua madre?
      Yole tace.
      Tu vuoi la mia morte, lo vedo: ingrata! tu non promettevi di farti così feroce, – no, tu non lo promettevi; eri una volta umana, timida, pietosa, – ora come tu sei mutata! per te si consumano nello spasimo i pochi giorni che Dio mi aveva concesso; tu me li togli.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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