... miserabile racconto! così duramente le tornò respinta nel petto, che vi mormorò roca, confusa, soffocata, come il bramito di fiera, o come cigolío di cosa che si rompe: la tensione dei nervi si convertì in languidezza, le palpebre superiori rovinarono su le inferiori; – Gismonda la raccolse tra le braccia.
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Dopo molto tratto di via, Rogiero seguendo i passi della fidata sua scorta giunse all'albergo; imperocchè, a quel modo che ci racconta Omero delle navi di Achille e di Aiace, le capanne di Drengotto e di Ghino fossero lontanissime l'una dall'altra, e situate, in segno della costanza dei loro signori, alle estremità di quelle dei masnadieri. Infatti essi sopra tutti i compagni spregiavano i pericoli; il primo per la indifferenza del bene e del male, principale distintivo della sua indole; il secondo per una certa sicurezza tranquilla, che suole accompagnare le anime veramente grandi. Entravano. Ghino, poichè ebbe suscitato il fuoco, si accostò a Rogiero per aiutarlo a levarsi l'armatura: questi vergognoso ricusava; ma insistendo il cortese albergatore, lasciò fare. Ghino a mano a mano che ne sfibbiava i pezzi, attentamente li considerava, e parte come buoni lodava, parte riprendeva di alcun difetto, mostrandosi in questo finissimo intelligente, e pratico molto. Rogiero girando gli occhi d'intorno la capanna vide un'asta lunghissima, che per essere più alta della parete era stata posta trasversalmente tra i due angoli; maravigliando forte della grossezza di quella, come vago di sapere domandò: "Cortese albergatore, di grazia, è l'asta del Re Artù cotesta che conservate in quel canto?
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