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      Mio padre, quantunque di uomini e di averi fosse molto di sotto, così bene con la sua virtù si andava schermendo, che i Conti considerando inutile la forza manifesta ricorsero al tradimento. Io non mi ricordo, che forse di quattro anni era nato, della notte terribile nella quale il perfido vassallo posto a guardia della porta del castello mise dentro la gente dei Conti di Santa Fiora; solo conservo rimembranza, confusa di donzelle scarmigliate accorrenti qua e là come ossesse, e di una donna che pallida pallida mi prese tra le sue braccia, e mi trasportò per molti sentieri tenebrosi alla presenza di un uomo tutto armato di ferro, che fece infinite carezze a me ed a lei. Povera madre mia! pensate con qual cuore una così grande gentildonna fuggisse scalza, in camicia, col figlio in collo, dalle case saccheggiate del suo nobile consorte, incerta s'egli vivesse, perchè al súbito rumore era corso ad armarsi, e a ferire! Mi hanno raccontato le mille volte i più vecchi dei miei vassalli, che mio padre in quella notte fece prove incredibili, da scomparire al confronto le imprese favolose dei Cavalieri della Tavola Rotonda; e che dove i nemici non fossero stati troppi, Dio sa dove sarebbe andata a finire: incalzatoda tutte parti, non si ritrasse, se prima non seppe i figli, la moglie e i più fedeli vassalli suoi, giunti a salvamento in luogo sicuro. Ei fu l'uomo armato che mi raccolse alla campagna, e che io, sebbene uso a vederlo ogni giorno, non potei riconoscere, tanto compariva mutato pel travaglio del corpo e dello spirito.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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