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      Mi hanno pur raccontato che quantunque non avesse piaghe mortali su la persona, tanti però erano i tagli e le scorticature, che lungo tempo stette senza potere vestire armatura. Qui nella mia mente occorre una lacuna, e mi ricordo soltanto di essere stato condotto in un castello da quella donna che mi aveva salvato, dove trovammo una bella signora vestita di nero, ed un cherico che conobbi in appresso pel cappellano del castello; essi ci accolsero cortesemente, e dopo che mia madre l'ebbe favellato in segreto, piansero tanto che non avrei mai creduto che creatura al mondo potesse piangere sì fattamente il danno di altra creatura. Mia madre tutte le sere mi conduceva in un luogo oscuro, ove ardeva una sola lampada innanzi alla immagine del Redentore, e quivi pregavamo assai con la signora del castello e col cappellano; poi mi menava al mio letto, e prima ch'io prendessi sonno molte cose mi diceva di cavalieri antichi operate con prodezza di mano e con pietà di consiglio. Certa sera non la vidi comparire, la seguente nemmeno; ne domandai alla signora, ed ella non mi rispose; senza sapere il perchè, io mi posi a piangere dirotto; il cappellano si asciugava le lacrime dietro la sedia di madonna, che pareva più crucciosa del mio pianto, che della morte di sua infelice cognata. – A cui appartiene quel bastone sì lungo? – domandai un giorno alla dama, vedendo appesa l'asta paterna nella sala del castello. – Ella è la lancia di vostro padre. – E quella camicia insanguinata? – È la camicia di vostro padre.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





Redentore