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      Mi accolsero i miei vassalli con alte strida di allegrezza, io conficcai la testa del Benincasa su la lancia di mio padre, e dato ordine che suonassero lietamente le trombe, me ne uscii di Roma, traversando immensa quantità di popolo atterrita per così grave ardimento. – Guardia! guardia! abbassa il ponte. – Chi è di là dal fosso che vuole entrare a questa ora? – Abbassa il ponte, che sono Ghino. – Messere, voi sapete l'ordine di Madonna: avete il segno? – Sciagurato! parti che vorrei comparirle avanti senza esso? – Passo il ponte, volo alle stanze di madonna Gualdrada, – non v'era; corro alla cappella, e già da lontano me l'annunzia la sua voce salmeggiante: entrai per una porticella allato dell'altare, e vidi madonna inginocchiata ai balaustri, intenta a leggere la sua orazione; il debole lume di una sola candeletta la illuminava, e a canto alla candela potei osservare una disciplina: al cigolio che fece la porta volgendosi su gli arpioni, al rumore dei miei passi, levò gli occhi, che assuefatti alla luce non poterono scorgere nella oscurità; io camminava lentamente senza proferire parola sporgendo il braccio con la testa del Benincasa: madonna a proporzione che mi avvicinava alla luce vide un oggetto indistinto, – una testa di uomo sospesaper l'aria. – Il volto del Benincasa! – allora esclamai: – il segno fu portato, il ponte fu abbassato. – Ben fu abbassato, – rispose la dama, e chiuse tranquillamente il libro, prese la candela, e fattala innanzi ai miei occhi si pose fissa fissa a guardarmi.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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