è egli uomo da amarsi costui?"
Voi avete ragione di odiarlo, se le cose esposte sono ben vere. Io italiano vedo in Manfredi un mio fratello valoroso, e sapiente, che ama la Italia, e vuol farla grande; però non posso, nè devo odiarlo: quando anche non fosse tale, ma straniero avaro e rapace, ben io vorrei dare mano a cacciarlo con le nostre proprie armi, non già con le altrui: ci viene da tempi assai remoti la favola del cane, che carico di vespe stavasi immobile senza batter palpebra, perchè, come egli disse a cui lo interrogò, quelle ormai si trovassero sazie di sangue, nè gli dessero più fastidio, mentre se si fosse mosso sarebbero sopraggiunte altre assetate a suggere ciò che vi lasciavano le prime.
Dovrei dunque rinunziare alla mia vendetta, perchè i suoi interessi stanno uniti a quelli d'Italia? Intanto mora egli, all'armi straniere provvedemmo.
Distruggere gli stranieri non riesce così agevole come chiamarli; e voi con incerta speranza apportate al vostro paese danno certissimo.
Disperisi l'anima di mio padre! Lo avreste voi fatto?
Cavaliere, io non vo' dirmi più buono nè più tristo; non so quello che nel caso vostro avrei operato; ringrazio la ventura, che vendicandomi non ho nociuto che a pochi uomini.
Questa vostra risposta si rassomiglia alla spinta data al naufrago che cerca la riva.
Ma!
rispose Ghino celando la faccia "potrei darvi l'anima, non il consiglio."
Voi mi aborrite?
Io vi compiango. In ogni caso rammentatevi, ch'io vado lieto di dovervi la vita.
Allora si levò, e andarono a riposare.
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