Quantunque queste circostanze fossero più che bastanti per un'anima di quei tempi, e forse anche dei nostri, a credere soprannaturale cotesta apparizione, Rogiero non si lasciava sbigottire dalla paura; vero è bene che non sapeva come spiegarla, tuttavia si guardava di attribuirla a cause superiori. Lo spettro fuggendo, e Rogiero incalzando, pervennero in parte ove non era lume; così al primo fu concesso sparire a tutto agio: Rogiero brancolando, mentre a malgrado delle tenebre vuole seguitarlo, inciampa e cade traverso di un letto; allora non udendo nè vedendo più nulla, si avvisa ritornare; parendogli di fare il medesimo cammino traversa due o tre stanze, nell'ultima delle quali osserva scaturire un raggio di luce dalle fessure di un uscio; vi s'incammina prestamente, stimando che si partisse dal lume del capo scala; giunge, apre, e si trova entro una sala vastissima; una piccola parte compariva illuminata; l'altra si smarriva dentro profonda oscurità: per quello che si poteva vedere era ornata di belle tappezzerie fiamminghe rappresentanti caccie o fatti d'arme notissimi dei Paladini di Carlo Magno, e dei Cavalieri erranti del Re Artù; a giuste distanze pareva, che, come da un lato, dovessero essere per tutta la sala disposte antiche armature su dell'aste fitte dentro zoccoli di pietra; le finestre trasparenti pei lumi del cortile presentavano istorie tolte dal Testamento Nuovo, figurate con vetri di mille colori. Queste cose che a noi abbisognò una mezza pagina per dire, Rogiero osservava in un volgere di sguardo, nè punto stette a considerarle, perchè a quei tempi erano comuni.
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