Tenetevi pronto per domani; appena fa giorno, io vi manderò insieme con questo Corriere francese al campo del Conte per consegnare le vostre lettere, e, se non vi grava, anche una mia che preparerò avanti di andare a dormire.
Voi ne siete il padrone.
Sergio! Gilberto!
chiamò Buoso, e tosto comparvero due valletti, ai quali ordinava: "Fate che questi miei ospiti sieno bene alloggiati; vi raccomando che nulla manchi loro di quello che possono desiderare. Addio, messer Cavaliere; innanzi di partire spero di rivedervi."
Rogiero e il Corriere francese si posero dietro agli officiosi valletti, che con molte candele alla mano andavano rischiarando il cammino: appena usciti dalla sala, la voce di Buoso si fece nuovamente sentire, che chiamava gridando: "Messer Cavaliere!"
Rogiero rifece i passi, e domandò: "Che volete?"
Messer Cavaliere, avete pratica co' fiorini d'oro?
Rogiero si fece un po' rosso nel viso, e rispose che no.
Buoso sorrise, e traendo una borsa disse: "Questa parmi troppo grande vergogna per Cavaliere come voi! Voi non conoscete i fiorini che sono la più bella moneta che si batta per tutta Cristianità? Havvi taluno che preferisce gli agostari di Federigo, e gli schifati dei Normanni, ma io per me terrò sempre pel buon fiorino d'oro che si batte a Fiorenza. Ecco qua, vedete," soggiunse prendendone uno, e mostrandolo a Rogiero, "da un lato il giglio, dall'altro il Battista, donde l'infallibile proverbio: – amici son coloro – che hanno il Santo a sedere, e il giglio d'oro. Ora fanno dodici anni cominciarono a coniarsi dai mercanti fiorentini: l'oro arriva alla bontà di ventiquattro carati; si contano a venti soldi l'uno, ed otto pesano un'oncia.
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