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      Affrettatevi, bel cugino, affrettatevi.
      Dama, aspettiamo.
      Ah! Guido. Guido, questa vostra lentezza ci perderà: che temete?
      Che temo io? Così non mi avesse detto Carlo, – conducimi ad ogni costo questo esercito intero, – e non mi avesse posto da lato le paure femminili, come io avrei di già fugato il Duera, e valicato l'Oglio; perchè i miei anni si sono consumati a rompere i nemici col ferro, ma non ho mai appreso a cacciarli coll'oro: nondimeno, poichè piacque a Monsignor Carlo mettermi per questa via piena di pericoli, e vuota di onore, io devo aver cura del suo danaro, perchè raddoppiando il prezzo di Buoso non ci basterebbe a pagare la milizia fino a Roma.
      La Contessa si apprestava a rispondergli, e chi sa dove sarebbero andate a finire le parole, se un donzello non fosse entrato in quel punto annunziando, che il Corriere conducendo seco un altro uomo si scorgeva cavalcare verso la casa.
      Oh Signore, gran mercè!
      esclamò la Contessa, e corse alla finestra; "sì certo, egli è desso... venite a vedere, cugino... ma che hanno il restio, che vengono sì tardi quei loro ronzini? Conte, e' pare che abbiate partecipato la vostra pigrizia anche alle bestie dell'armata: Conte, ponete cura di dare un'altra volta ai Corrieri i migliori cavalli dell'esercito... ditemi, Conte, in quanti giorni potremo giungere a Roma?"
      Contessa, ricevete con maggiore temperanza la lieta fortuna, se volete con minore cordoglio sentire l'avversa. Voi non sapete che cosa rechi il Corriere.
      Oh! il cuore mi predice bene, ed egli non mi ha ingannato giammai.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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