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      Nella notte, quando la rabbia della fame gli straziava le viscere, si appostava in luogo oscuro, e quivi copertosi il volto sporgeva la mano, e domandava elemosina per amore di Dio, con voce che studiava rendere diversa; – inutile tentativo! non v'era persona che tosto non lo scoprisse: alcuno passava chiudendo il cuore, e la borsa, e in suono minaccioso dicevagli: disperati, e muori; – questi erano i più pietosi! coloro poi che possedevano la scienza diabolica di avvilire le anime, e godevano di conficcare a più riprese il ferro nel cuore, gli davano il soldo, e col soldo la imprecazione, onde il cibo si convertiva in veleno pel sangue infiammato del paziente, e la bevanda diventava aceto e fiele all'anima angosciosa. Certa sera, tremante, battendo i denti pel ribrezzo della febbre, s'incammina ad un monastero, sperando che la pietà di quei Frati lo avrebbe raccolto: scese il primo e il secondo gradino, levò la mano per battere, – ad un tratto percuote la faccia contro la porta, e strisciando lungo il muro cade su i gradini: – alla mattina il portinaro lo trovò freddo quanto la pietra sopra la quale giaceva disteso. Sottrassero i Frati alle atroci villanie del volgo quegli avanzi della creatura, e li seppellirono nel chiostro. La carità della religione valse ad arrestare su le labbra la ingiuria, ma non gli potè recitare preghiera: – non lo aspersero di acqua benedetta; – la stessa compassione sospirò di piacere su quella sepoltura infelice....
      Imprecheremo noi che in questo modo finiscano tutti i traditori?


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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