Il cielo rideva sereno, il mare tranquillo, – e sì che vedevi galleggiare, testimoni del suo terribile sdegno, tavole, remi, remiganti; – pure lieto di un bello azzurro, lentamente scorrevole, come i passi del Signore, invitava con la lusinga del piacere ad affidarsi alla sua immensa superficie: – così tenta il peccato! Sopra tutti gli avanzi della tempesta era osservabile Armando, lo sciagurato Maestro: giaceva supino, e quel suo ventre, già per natura tumido, adesso maggiormente per l'acqua trangugiata, errava qua e là in balia del vento quasi isoletta natante; ora il flutto sollevandolo su l'estreme sue labbra pareva ridonarlo alla terra, e di subito ritirandosi lo trasportava più lontano che prima; ora lo deponeva sul lido, e poi, come pentito, tornava a rapirlo; se giungeva una o due volte scarso, quanto meglio poteva si allontanava indietro, non altramente che se volesse prendere tratto a spingersi più veemente, sì che la terza o la quarta, fremendogli attorno spumoso, tutto gorgoglío, lo rimenava seco in trionfo: pareva un fanciullo che prenda diletto col suo balocco.... ma i trastulli del mare sono navi infrante, e cadaveri.
– Povero Maestro Armando! – sospirò Carlo, poichè l'ebbe tristamente considerato; e la sua anima si abbandonava a lugubri meditazioni, quando alzata la faccia vide disegnarsi su l'orizzonte alcune vele, che secondate dal vento tentavano prendere la terra; ed ecco che Carlo, dimentico di ogni altra passione, anelante tra il timore e la gioia, si leva in piedi, intendendo a scoprire se fossero sue.
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