Carlo stava attento a quello che sarebbe per accadere, allorquando si aprirono e lasciarono vedere una magnifica ambasceria di signori romani, che, vestiti di lor cappe ermesine, si fecero innanzi al Pontefice, e piegando ginocchio a terra gli offrirono le chiavi d'oro della città: in appresso quegli che sembrava più autorevole tra loro, impetrata licenza, recitò una orazione che non era latina, ed italiana nemmeno, ma ch'egli però intendeva recitare in latino; nè noi la riferiremo: ti basti, o lettore, sapere che fu vilmente bassa, schifosamente servile, onde senza sforzo potrai immaginarla da te: sebbene durasse da oltre mezza ora, spremendone il sugo, diceva – essere universale desiderio del popolo e dei nobili romani, che Carlo fosse creato Senatore di Roma; – come se della signoria del Pontefice non avessero abbastanza, e ce ne sopravanzasse: e qui nota, lettore, – che anche tu sei popolo, e forse coll'esempio ti potresti emendare, – che quattro anni innanzi una medesima ambasceria deputata a Manfredi lo assicurava – essere universale desiderio del popolo e dei nobili romani, che fosse eletto Senatore perpetuo di Roma. Come poi Clemente avesse grata quella offerta fatta dai suoi sudditi a Carlo, lo sa colui che discende nel profondo del cuore: per quello che potè conoscersi, assai ne fu lieto nel sembiante, e rispose, – che volentieri. Allora fu portato un altare, sul quale stavano deposte molte sante reliquie e il libro degli Evangeli; il Pontefice scese da cavallo, e con esso il Conte e tutto lo esercito: fattosi all'altare gli si prostrava dinanzi, intuonando una preghiera che di mano in mano fu ripetuta da tutti i circostanti; poi rilevatosi in piedi domandava Monsignore Conte se voleva essere Senatore di Roma; al che Carlo rispose: che molto volentieri, dove concorresse il buon piacere di Sua Santità: Clemente allora aprì il libro dei giuramenti, ed ordinò che giurasse: Carlo, con la destra su gli Evangeli, leggeva: "Noi Carlo di Francia, per la grazia di Dio Conte di Angiò, di Folcacchieri, di Linguadoca e di Provenza, etc. etc. per libera volontà del popolo e dei nobili romani eletto Senatore di Roma, promettiamo con giuramento preso sopra i santi Evangeli, di non contribuire con fatti, nè con parole, a far perdere i membri o la vita al gloriosissimo Pontefice Clemente IV, pio, universale, apostolico, non meno che ai suoi successori, di rivelare le congiure, mantenergli nella possessione del Papato, e nel libero godimento delle regalie appartenenti al Patrimonio di San Pietro, provvedere alla sicurezza dei Cardinali e loro famiglie, conservare la città di Roma nella pienezza del suo territorio e di sue giurisdizioni, finalmente di fare tutte quelle cose che possono contribuire al maggiore onore della Santa Chiesa e di Dio.
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