Uscite, e tenetevi su la vostra parola per mio prigioniere all'estremità del campo.
I fratelli Vandamme, nobilissimi giostratori, e pieni di prodezza, mal sofferendo quell'onta, si fanno con gran cuore a vendicarla. Quel dallo scudo nero con goccie di argento ferisce il Cavaliere del fulmine, gli fora lo scudo, e passa senza ricovrare la lancia; il Cavaliere percosso non piega un dito dal cavallo, ma sbaglia il suo colpo, e non trova il corpo avversario, cosa che soleva accadere ai giostratori mal pratici, o fuori di esercizio: infiammato di sdegno afferra la mazza d'arme, che gli pendeva dall'arcione, e la scaglia con tanta aggiustatezza sul fuggente Vandamme, che gli taglia l'elmo, la cuffia, e la ventaglia di acciaro; la testa ebbe salva per miracolo, se non che l'impeto della scure gli sfiorò un poco la pelle, e gli tolse alcuna ciocca di capelli: il Cavaliere del fulmine, che la vittoria sembrava rendere feroce, si disserra sul Vandamme, che intronato nel capo, privo del lume degli occhi, accennava ogni momento di cadere, lo prende alla gorgiera, lo tira giù da cavallo, e sprona verso la fossa per annegarvelo: un urlo di rabbia si fece sentire a quell'atto, e il Monforte, e lo Stendardo, si precipitarono a salvare il mal capitato compagno. Il Cavaliere primo venuto per questa volta fu più avventuroso di prima, perchè il suo avversario, mentre, arrivato da troppo acerba percossa, s'ingegna, stringendo i ginocchi, di non perdere le staffe, la cinghia della sella gli si rompe, ed egli trabocca sul campo; il cavallo lasciato in balía di sè, mentre vuol percorrere la piazza, è preso pel morso dal Cavaliere vincitore, e ricondotto cortesemente al vinto.
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