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      Giungeva quel Frate con gli anni oltre i novanta; la sua persona pareva essere stata una volta maestosa e diritta, come i pini che circondavano la sua santa Abbazia; ma adesso l'età lo aveva curvato verso quella terra ch'egli stesso si apriva di propria mano, per esservi nascosto nel giorno non lontano della sua morte; cortesi apparivano in lui il muovere dei labbri, il sorriso, l'atto della mano; tuonante suonava la voce e solenne; negli occhi gli scintillava una fiamma che sembrava dovere ardere eterna, da che nè gli anni, nè le vigilie, nè il pianto, l'avevano potuta, non che spengere, diminuire. Michelangiolo, se avesse dovuto dipingere un Padre Eterno, ne avrebbe copiato il terribile; Raffaello, se ritrarre un Redentore, ne avrebbe imitato il gentile. Rogiero sentendosi alquanto consolato dalla bellezza di cotesto aspetto, sebbene un po' vergognoso, gli parlava: "Santo Padre, se la domanda non vi riesce importuna, ditemi in cortesia, perchè le vostre mani si occupano in opera tanto umiliante? Il cadere della neve, lo scrollare della terra, riempiono incessantemente cotesta fossa, che il giorno della vostra estinzione potrebbe da qualsivoglia uomo compirsi in breve ora. Parmi che il tempo si deva consumare assai meglio."
      Figliuolo,
      rispondeva il Frate piantando in terra la vanga, e sovrappose le mani alla estremità del manico, e su le mani appoggiò il mento in grave maniera: "certo tu diresti saviamente, se così lieve fosse l'oggetto di questa mia opera. Io vo' che tu sappi ben altro essere stato il consiglio del nostro glorioso institutore, quando ordinava questo quotidiano lavoro; ben è vero che la pratica se n'è oggidì quasi perduta tra i cenobiti di questo monastero, ed io sono ormai presso che il solo che tuttavia la segua.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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