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      La pace di Dio sia teco."
      Spietato!
      diceva Rogiero "mi augura la pace, e non vuole porgermi la mano per aiutarmi; mi respinge dal luogo dove voglio salvarmi, dicendomi, che quella non è la via, e non me ne accenna un'altra. Ma guarda una volta la tua creatura, Dio onnipotente! Andiamo a prostrarci innanzi al suo altare; lo pregherò, lo scongiurerò; tutto quello che può fare un uomo farò, purchè finalmente mi ascolti, e mi risponda."
      Ciò detto, si pose deliberato dietro le traccie del Frate, giunse ad una porticella, la spinse, e trapassò per un corridore in una stanza terrena; una scala era a capo della stanza, la salì; venne al primo piano, e poichè lungo tempo vi si fu avvolto inutilmente in cerca di un Frate. che gl'insegnasse la chiesa, si trovò innanzi ad un uscio, traverso del quale intese la voce sommessa di persona che reciti preghiere per qualche morto; schiuse l'usciale, e fermò il piede su la soglia. – Il sole presso al tramonto, nascoso dietro fitta caligine, coloriva di vermiglio di sangue una nuvola errante al sommo del cielo, e la nuvola ripercuoteva su gli oggetti con molto spaventosa maniera la luce rossa: ella penetrava traverso la piccola finestra, e illuminava il volto, e parte del petto di un moribondo. Sia che la malattia non gli permettesse giacersi disteso, o che altro, egli stava seduto, sorretto alle spalle con un materasso piegato; la mano destra teneva scoperta sul letto, e non aveva più moto, e all'estremità delle dita era violetta; ogni altra parte, bianca, sembrava già morta; la sinistra nascondeva sotto il lenzuolo; sul materasso dal manco lato vedevasi un Crocifisso, ma il moribondo teneva il capo fitto al destro, quasi per ischivarne l'aspetto; di tanto in tanto apriva gli occhi, ora velati come nebbia colore di piombo, ora lucidi come vetro, ma smarriti, senza fissarsi su nulla, mostrando di non veder nulla, quali sono quelli del cieco di gotta serena79; i capelli rovesciati dietro le orecchie lasciavano considerare per lo spazio della fronte il dominio della morte; le labbra compresse mandavano fuori livida spuma, che gli gocciava giù per la barba; la gola sforzandosi di singhiozzare si allungava, si attenuava, e dopo un travagliarsi angoscioso costringeva la bocca ad aprirsi quanto più poteva, e lasciava uscire un sospiro fievole fievole.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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