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      Roberto senza lasciare la mano di Rogiero lo guarda in viso, e con voce lamentevole gli domanda: "Perdono! perdono!"
      Voi non mi avete fatto mai danno, Roberto; perchè dovrei perdonarvi?
      Oh! i miei delitti sono troppi, e mi abbisogna tutta la virtù della speranza per non isconfortarmi del perdono, e tutta la misericordia di Dio per perdonarli: questi delitti ho commesso contro l'innocente, – contro di voi, – perchè vi ho tradito.
      Perchè mi hai tradito? che ti aveva io fatto?
      rispose Rogiero con tale un suono che avrebbe commosso l'anima più feroce; "dunque non basta, per esser sicuri, non nuocere?"
      Ma! – io vi ho tradito.
      O cortese Cavaliere, se possedete spirito gentile come l'aspetto, non vogliate permettere, che quest'anima si diparta sconfortata senza il vostro perdono: egli vi ha offeso, ma la sua penitenza ha scontato la colpa, ed ora sta per comparire davanti al giudizio dell'Eterno.
      Bel Padre, io non rammento in che quest'uomo mi abbia apportato ingiuria; ma da che dice avermi tradito, io gli perdono. La offesa, come voi ben sapete, non può levarsi che in due modi, o col vendicarla, o col perdonarla: nel primo non posso, non mi rimane altro che il secondo; io gli perdono.
      Padre, avete sentito, ei mi perdona.
      Sì: state lieto, l'uomo ha perdonato; pensate se perdonerà Dio, ch'è tanto più pietoso di lui!
      Amen.
      Roberto, di grazia, mi direte voi, come mi avete tradito?
      E perchè non ve lo dirò io? Oh! fosse qui la universa gente per ascoltare le mie accuse, e vedesse quanto grande scellerato sono stato al cospetto del Signore! così la umiliazione lo indurrebbe a riguardarmi più benigno in questa ora amarissima della morte, e molti si emenderebbero.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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