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      Ogni cosa bruttando col suo sangueFinì la vita.
      Canace, tragedia antica.
      Era una notte d'inverno; raccolti intorno al focolare udivamo il fiero racconto del Maggiordomo: – più volte preso da insolito tremore accostai il mio corpo a quello del compagno vicino, e quasi in segno di affetto gli strinsi la mano, ma in vero perchè aveva paura; – certo la storia del Maggiordomo atterriva spaventosa, e il fuoco cominciava a consumarsi, e le tenebre diventavano maggiori; pure io sentiva dentro me sì fatto scompiglio che non poteva derivare dai casi presenti. – Ho udito in appresso porre in dileggio quelle voci segrete con le quali una potenza interna sembra avvertirti che qualche sventura ti sovrasta; nondimeno non ho sofferto mai affanno di cui il cuore non mi abbia avvisato. – Quella sera fu destinata dallo Inferno per incominciamento dei miei misfatti! – Una leggiera percossa sopra le spalle mi fece volgere indietro la faccia; – il volto del conte Odrisio di Sanguine mio signore era stato sempre severo, – questa sera mi apparve terribile; – forse fu l'effetto della luce vermiglia vicina a spegnersi, che riflettendo sopra il suo rugoso sembiante gli compartiva quella nuova espressione; forse derivava dal pensiero delle cose che macchinava nella mente; – al vedere quei bianchi capelli ritti come stecchi su la livida fronte, i sopraccigli neri contratti faticosamente, il rossore su quelle guance smorte ed estenuate, fui per gridare; – egli spalancò gli occhi, mi presentò scintillanti nella pienezza dell'ira le pupille poco innanzi nascoste, e con quell'atto mi fece comprendere ch'io doveva tacere; quindi, curvata la persona sopra la spalliera della sedia, mi susurrò basso basso agli orecchi: – Seguimi in modo che nessuno si accorga della tua lontananza; – e sè ne andò come era venuto.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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