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      – E coś di pensiero in pensiero tanto si scostava la mia mente dalle cose che le si avvolgevano sotto occhio, che quando ricuperai i sensi, mi accôrsi che i compagni mi avevano lasciato solo, e se n'erano andati a dormire senza chiamarmi. Riconoscendo tentoni i luoghi che percorreva, m'incamminai verso il giardino. Forse da un'ora mi era posto in agguato, sebbene la impazienza me la facesse considerare come una intera notte, allorchè intesi un lieve rumore; aguzzai gli occhi, e vidi un corpo nero sospeso per l'aria; sguaino la daga, mi faccio appresso, e quando credo di prendere in pieno, meno da disperato; ventura per lo sconosciuto! che giunto circa tre braccia distante da terra stiṃ bene lasciarsi cadere di un salto, onde la daga anḍ a cogliere nel muro, e quivi manḍ faville: guai a lui se lo arrivava! peṛ che di certo sarebbe stato diviso. Io non so come accadesse; – forse teneva lo sconosciuto la spada tra i denti; sentii assalirmi al punto stesso in molto furiosa maniera; ricambiammo alcuni colpi, ma sopraffatto da forza e destrezza maggiori, abbandonai la daga, e percosso di piatto sopra la testa, mi convenne stramazzare sul terreno. Io mi rammento, sebbene fossi tutto stordito, che allora si aperse la finestra del verone, e apparve un braccio nudo di donna che teneva una candela, poi un volto bianco come la morte; un fiero strido si fece sentire che diceva: – Lascia ch'io muoia con lui; – e un'altra voce di dentro: – Gran Madre di Dio! che fate voi, mia dolce signora? ne perderete l'anima.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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