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      E il Conte Rinaldo? egli era pure stato il bello uomo, vago delle cacce, dei tornei, e di ogni altro esercizio cavalleresco; ora scomposto della persona errava lungo i viali dei pini lamentandosi con dolorose esclamazioni, ed ogni giorno più perdeva la floridezza dell'aspetto, il color delle guance; i cavalli pascevano neghittosi pe' prati; i cani giacevano cucciati nella corte, o presso il focolare; i falconi oziavano sopra le stanghe: nulla valsero a levarlo dalla sua mortale malinconia le visite che frequenti gli faceva il Re Manfredi, nè la carica di Contestabile, principalissima nel Regno, alla quale fu inalzato in quel tempo. I servi assumendo i costumi del signore se ne andavano a testa bassa senza salutarsi. Ell'era una casa piena di mestizia, predestinata alla sventura. Recandomi a notte inoltrata nella mia cameretta, mi prese vaghezza di passare vicino alla dimora del Conte: appena pongo il piè nella sala, intendo un suono di persone che favellano; – mi accosto cautamente porgendo l'orecchio; – il vento quella notte furiosissimo non concedeva che le parole mi giungessero intere, nondimeno ascoltava: – Conte Odrisio, tu mi hai tradito! se stesse per me, già non avrebbe requie la tua anima sotterra.... Il vento si portava quello che seguiva; quando cessò di soffiare intesi da una voce diversa: – irreparabile.... E l'impeto della bufera mi tolse di nuovo il sentire. – Scese (soggiunse la prima voce, che mi parve quella del Conte Rinaldo) dal letto; io vegliava, ma fingeva dormire.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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