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      Parti, e fa quello che ti ho comandato: chi ti ha reso tanto ardito di provvedere al mio bene? chi ti ha detto di prendere cura della mia salute? chi ve la dovrebbe, e ve la potrebbe avere, non vi bada tanto nè quanto, e vuoi averla tu, disgraziato! che non sei sufficiente di pensare a te stesso? presumi essere meno tristo, meno debole, meno scellerato di me?
      Ma io, bel Cavaliere, possa morire scomunicato, se intendo sillaba del vostro discorso: non avreste veduto per caso la Tregenda dentro qualche macchione? Su via, non vi curate di cavalcare a quest'ora; messer Ghino non è ancora tornato, e non sarebbe mica cortesia cotesta di andarsene senza togliere commiato.
      Che mi parli di cortesia, sciagurato! quando altri mi tradisce beffando, mi strazia il cuore ridendo, e viene quasi a spettacolo per godere nella contemplazione dei miei dolori! – l'arme, ti ripeto, l'arme.
      Deh! bel Cavaliere, voi volete gettarvi via ad ogni costo; la vita è pur vita, e perduta una volta non si ricompra mica a contanti: sarebbe pure il gran peccato, che veniste così miseramente a morire, poichè mi sembrate gagliardo, e pro' della persona; guarite prima per bene, poi non mancherà tempo a lasciare questo mondo....
      Dov'è l'armatura?
      Santa fede! O Cavaliere, da che non avete nessuno amore per voi, abbiatelo almeno per me; considerate di grazia che il ferro confricando le vostre piaghe tornerà a riaprirle prima che sia un'ora.
      Ma che destino è il mio, che l'odio e l'amore degli uomini debbano riuscirmi ugualmente importuni?


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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