Io leverò la faccia, e gli dirò....
L'armatura, Cavaliere, l'armatura....
Che debbo farmi dell'armatura? il mio nemico è invincibile; l'asta e la spada non valgono contro di lui; egli combatte con la volontà. Altra forza che non è la mia, – altro ardimento, hanno perduto la prova.... toglimi dinanzi cotesta armatura, che si fa beffe della mia debolezza, perchè non v'ha corpo nella creazione che non giunga a guastare questa mia fievole coperta di pelle.
Vi domando mercè, Cavaliere; ma voi non mi avete pur ora mandato per essa?
Io ti ho mandato? hai tu bene inteso?
Toglietemi qualunque facoltà vorrete, nè vi aspettate di sentirne un lamento; ma negli orecchi, Cavaliere, credo valere quanto alcun altro mio fratello di umanità.
Rogiero si pone in atto di uomo che vuole richiamare alla mente una cosa sfuggita: "Se io l'ho detto, segno è certo che ne aveva ragione.... O stato che commuovi il riso, perchè sei superiore del pianto!" e così favellando torse alquanto la bocca. "Ah! mi sovviene adesso; non devo prostrarmi, e chieder perdono?" Il rossore gli trascorse su per le guance fino alla radice dei capelli, e dopo alcuna pausa ricominciava: "Non di qui, non di qui la vergogna prende principio; segue ella come un'ombra il misfatto. Col prostrarci può bene diventare maggiore; ma ormai l'avvilimento è consumato; – porgimi lo usbergo."
Beltramo, obbedendo al comando, gli fece passare le braccia per gli scavi che cingevano le spalle, e si pose a fermarglielo addosso, stringendo le fibbie che di sotto l'ascella destra si terminavano poco sopra il fianco: imperciocchè gli usberghi, corsaletti, giachi, ed altre arme di simil sorta, fossero fatte a modo delle moderne sottovesti, se non che mastiettate da un lato per potersi aprire e chiudere, e dall'altro, come abbiamo detto, avessero diversi fermagli, co' quali si fissavano su la persona del cavaliere.
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Cavaliere Cavaliere Cavaliere
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