Comunque possa sembrarvi strano, sappiate, messer Ghino. che se io mai invocherò il sussidio delle vostre armi, questo non sarà se non in favore del Re Manfredi; più oltre non v'è concesso conoscere di questa avventura; a me riuscirebbe troppo gravoso dirlo, a voi ascoltarlo; bastivi quanto ve ne ho raccontato. Ghino, mio dolce amico, addio.
Rogiero proferite queste parole gli strinse di nuovo la mano, Ghino rispose: "Voi mi levate un gran peso dal cuore: certo adesso non istarà per noi, che i Barbari non sieno cacciati di là dalle Alpi; la vostra spada, Rogiero, per quello che mi parve a Roma, può compensare a misura di carbone il male che avrà fatto la vostra lingua. Addio.... badate di non porlo in dimenticanza, – alle falde dei monti di Arpino...."
Dimenticanza! Quando l'anima oblierà che v'è stato uno ieri, e che vi sarà un domani, allora soltanto potrà dimenticarvi, Ghino!
Sì bene; dunque colà aspetto la vostra chiamata. Intanto affileremo le daghe, onde, se alcuno dei Francesi scamperà, possa narrare a quelli di là dai monti, come taglino i ferri italiani. Addio.... Aspettate, Rogiero: se per caso non vi fosse data comodità di venire in persona, a voi, togliete questo pugnale, il messaggiero che spedirete a recarmelo ritornerà alla vostra presenza con quattrocento uomini di arme, ed un amico.
Che posso dirvi, Ghino? – Addio!
Nè differite a chiamarmi nelle ultime strette; spesso, Rogiero, minor numero di gente di quella che io conduco, giunta in buon punto, ha reso vittorioso un esercito, che migliaia di armati, trascorsa la occasione, non hanno potuto salvare.
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