Tolsero di peso l'infelice giovane per piena dello affanno caduto in deliquio; ed esclamando: "Largo, Cristiani, in carità, largo all'energumeno;" – e unendo alla voce violentissime spinte, giunsero a passare la porta. L'oste in bella maniera si era tratto nel canto dove Rogiero aveva lasciato le armi e la più grave armatura, e mentre che i muscoli della sua bocca erano impiegati ad articolare carità, il suo cervello pensava: – se quei furfanti non si rammentassero di queste armi, a ridurle in oro ho piuttosto avanzato che rimesso all'avventura: – tanto è vero che perdita altrui fa guadagno. – Uno dei ribaldi al punto di uscire dalla stanza si volse, e gelò il corso di quei raziocinii nella mente dell'oste; forse, se la folla non gli si fosse di súbito chiusa alle spalle, sarebbe tornato per l'armatura: l'oste lo vide trapassare la soglia con la gioia di un condannato che su la scala del patibolo ascolta la grazia; spiegò quelle mani che di per sè sole davano idea della rapina, e le stese, tremanti per la certezza del guadagno, su l'armatura; poi con passi obliqui, la testa in giro, affatto simile al gatto che ha rubato il pesce in cucina, traversò velocissimo la stanza, e andò a nasconderla sotto il carbone.
I ribaldi che tenevano presta pel ratto di Rogiero una lettiga sopra due buoni cavalli, ve lo chiusero dentro, ed essi pure montati su i loro ronzini presero da prima con passi soavi la via di Sant'Agata dei Goti.
Ormai la città appariva vicina, nè la calca diminuiva, e il pellegrino non amava di entrare là dentro; aveva per via pensato qualche nuovo accorgimento, ma nessuno gli era sembrato buono da praticarsi: costretto di adoperarne uno, chiamava a sè alcuni più vecchi della compagnia, e diceva loro: "Io ho pensato, fratelli, di condurre il povero ossesso a Benevento.
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