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      State di buono animo, Barone; continuate a mantenere il Principe vostro nipote nelle disposizioni favorevoli a Monsignore di Provenza, ch'egli è tal Re da restituirvi quello che i dadi vi hanno levato."
      Come! voi credete?...
      Io non credo nulla....
      Bruci l'anima mia....
      Amen. Saranno sincere le cose che esponete, ma la stagione corre contraria. Andate persuaso, Barone, che uomini più sapienti di voi, e di me, hanno pensato a questo: miseri! le meditazioni loro si conchiusero in gemiti, e desiderii; le opere con volontarii esilii, o con morti costrette.
      Sarà quel che volete, Conte; pensate come meglio vi pare dei miei attuali sentimenti, ma io spero di vedere quel giorno.
      E quando lo sperate voi?
      Quando deposta ogni privata passione, quando dimesso ogni particolare interesse, concorderemo....
      Allora non verrà mai per noi, perchè saremo disfatti: levateci l'interesse da dosso; che cosa ci resterà?
      Più ed altre cose si aggiunsero per una parte e per l'altra, le quali lasceremo sì come poco importanti al proposito. Alla fine il Conte della Cerra, levatosi in piè, tolse il mantello, e facendo mostra di andarsene disse ai congiurati: "Non v'ha negozio tanto difficile in questo mondo, che tenacemente volendo, e discretamente operando, non si conduca a buon fine. Vi tengo per salutati, Baroni; ormai troppo sono dimorato lontano di corte per ovviare il sospetto: spero in appresso che non vi impazienterete ad aspettarmi, Messeri; addio, dividiamoci con le solite cautele."
      Seguiva un salutarsi circospetto; fu spento il lume, ma dal rumore dei passi di tanto in tanto più lontano si accôrse Rogiero che si partivano: soprastava anche un poco, e quando si fu assicurato che non vi era più alcuno, si mise a scuotere la porta con lo sforzo di un uomo che perduta ogni altra speranza riponga la sua salute nella esecuzione dell'ultimo tentativo; s'ingegnò in tutti i modi; maravigliosi, ed appena credibili, furono i suoi sforzi; pure, se molta era la sua forza di azione, moltissima gli contrapponeva forza d'inerzia la porta; giunse finalmente a smuoverla; questo però era ben altro che atterrarla; per quanto avesse fatto, assai più del doppio gli rimaneva a fare, e intanto la lena cadde consunta, lo spossamento subentrò alla furia; dalla fronte gli scorreva sudore, dalle mani sangue; sopraffatto dalla disperazione e dalla stanchezza, si lasciò andare.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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