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      Yole e Rogiero camminavano senza sapere dove per l'ombre della notte; tenevano le braccia intrecciate, le mani soprammesse, senza stringere però, – senza tremare, – in silenzio, – a passi uguali.
      Io l'ho chiamatocominciava Yole, come se parlasse a sè stessa, "col primo raggio della luce che nasce, avanti il saluto del Signore; io l'ho chiamato coll'ultimo raggio del giorno che muore.... almeno avesse risposto al bramoso domandare: – la mia vita contristata d'ignoto dolore scorreva per una fitta caligine.... egli mi apparve lucido come l'angiolo della grazia, – mi svelò la rovina, e sparve come il baleno della procella."
      Sogliono gl'Italiani tutti, scaldati da troppo tepido sole, e per altre ragioni che adesso non fa mestieri qui esporre, essere inchinevoli nelle parole, e negli scritti loro, a certo stile figurato che per adoperarsi in ispecial modo nelle parti di Oriente, appellano orientale; principalmente poi i Napolitani ed altri abitatori delle più calde contrade, se qualche passione, o lieta o trista, li commuova di straordinario incitamento: però nessuno, spero, sarà per trovare manierato, o contorto, il colloquio che tennero in quella notte i nostri due amanti.
      Nè iorispondeva Rogiero, e le premeva la mano di lievissimo tocco, "nè io avrei potuto ascoltarlo: lo spazio tra la tua bocca, e il mio cuore, occupavano la perfidia degli uomini e la maledizione di Dio; – la maledizione di Dio, perchè la colpa mi flagellava alla colpa, e in quel momento si sacrificava alla infamia un'anima contaminata.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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