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      – percuotendo il pugno stretto su la tavola con terribile giuramento domandava il Conte Anselmo.
      Udite. A Roma fu bandito il torneo; vi combattevano sconosciuti Rogiero, e quel Ghino di Tacco, tanto famoso masnadiero d'Italia: terribili colpi io vidi menarvi, e tali che non credo sieno mai stati nel mondo, non che maggiori, uguali. Miseri noi, Messere, se un giorno ne fossimo segno!
      Anselmo mutò di colore, e con voce mal ferma ordinava: "Va innanzi."
      Furono i Francesi scavalcati, quasi tutti sconciamente feriti; un Bilmont trafitto; il Monforte, lo stesso Monforte, dichiarato vinto, e come morto portato via dal campo....
      Che importa, questo? va innanzi.
      Conseguíta la vittoria, fuggivano Ghino, e Rogiero, e i compagni; io mi levai súbito a seguitarli da lontano, e li vidi internarsi per la foresta vicino a Frascati. Quivi si fermava alcuni giorni Rogiero per sanare le riportate ferite. Una volta, mentre mi accostava su la sera verso la sua dimora per raccogliere qualche novella, lo vidi soletto errare per la foresta; avrei potuto ucciderlo, – non v'era vivente, ed egli non portava armatura; ma non ne aveva mandato; non sapendo s'io mi facessi bene o male, mi rimaneva: sentii uscirgli dalle labbra strane sentenze; mi arrampicai leggiero sopra un albero, e per più disperarlo ripetei: – Rammentatevi di vostro padre. – Parve verro ferito; cieco d'ira si dette a cercarmi per la selva, e tanto corse e ricorse, che al fine del giorno pervenne alla Abbazia di San Vittorino: colà, Messere, un fiero caso si apparecchiava a noi tutti.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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