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      ... solo lo spaventa con la immagine dei nipoti, che, appena sapranno snodare la lingua, gli diranno: – menaci dove dorme tuo padre. Che potrà egli rispondere? – io l'ho deserto: – la rampogna di poca carità gli strazia le viscere; – si lagnerà se lo abbandonano vivo? egli non lo ha abbandonato morto? – morto, o vivo, è meno sacro il capo del padre? – Volge le spalle, si affretta per la via, leva gli occhi al vertice della montagna, anelante di riparare dietro una balza dalla vista e dal pensiero di cose tanto miserabili. – E se questa non è virtù, perchè coloro che tengono l'impero della fama la vestono della luce del canto, o la tramandano ai posteri col monumento della storia? perchè nelle vostre sale, nei vostri arnesi, fino sul vostro petto, io non vedo che simulacri dell'ultimo conquistatore? O gli uomini sono divenuti tanto codardi, che si hanno fatto idolo della forza, o, – e questo per avventura è più vero, – non hanno mai saputo che sia virtù. – Manfredi non fu virtuoso, – fu grande. Escluso per colpa paterna dal retaggio del potere, ripose ogni suo pensiero in conseguirlo: – tra la sua mano e lo scettro si attraversavano quattro vite, e tutte sacre; egli stese la mano, e lo strinse: – quali furono gli argomenti che adoperava l'ambizioso? L'ombra del trono gli nasconde, ma stanno come nemici schierati in battaglia al cospetto dell'anima sua, e a quello di Dio. Egli distrusse i suoi nemici, da prima con la frode, poi con la vittoria, e dopo averli avviliti con l'oro, gli spense col ferro.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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