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      L'ora si avvicina!
      – mormorò Manfredi. Si leva un fiero libeccio; la piena della bufera investe fischiando l'edifizio, lo scuote, ed accenna mandarlo sossopra; si ascolta il zufolare lontano che fa per quelle camere il cigolío degli usci e delle finestre; la grandine batte scrosciando le invetriate, come se dovesse spezzarle ad ogni momento, o strappate dagli arpioni trasportarle fin Dio sa dove. Santa Maria! pareva il Giudizio finale. – Perchè Manfredi si volge intorno la sala con orme vacillanti? Teme egli che quello sconvolgimento sia una guerra che la Natura ha dichiarato contro di lui? Che susurra tra i denti? Santi del Paradiso! ha imprecato le potenze dell'Inferno. La procella imperversa; si fa con le braccia il segno della salute sul petto, e solleva peritoso il volto; – viene un lampo; gli occhi di Manfredi, senza ch'ei lo sappia, sono diretti sopra la immagine di suo padre Federigo; – quella luce vermiglia parve animarlo di un baleno di vita, e certo il ritratto storse le pupille scintillanti nel sangue, e agitò i labbri a parole di fuoco: – guai a Manfredi se quella vista fosse durata più d'un lampo! il suo cervello ne sarebbe stato rotto, il cuore scoppiato. La oscurità nascose la causa del terrore: instava fragorosissimo il tuono, e tra il rimbombo urlava Manfredi: "L'ora è passata!" – Incapace di più reggersi, accennando stramazzare, a scosse come l'ebbro, si pone in traccia del letto, e vi si lascia cadere; la sua mano destra abbandonata percuote su la corona reale, la ritira velocissimo, non altramente che se l'avesse posta sul tizzo infuocato; e di vero tale dovette essere la sensazione che soffriva, perchè disse: "Arde.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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