Ed io ho fede,
poichè ebbe libato alla coppa della gioia discorreva Manfredi "che il destino mi mandi il cordoglio, perchè poi m'inebrii nella dolcezza dei vostri baci, o miei cari; e se così è, io ho motivo di benedirlo, anzi che maledirlo. Ma qui, se non m'inganno, suonava un canto? Deh! siatemi cortesi dei vostri sollazzi, io venni desioso dell'armonia; ella mi fa bene al sangue."
La Regina Elena e Yole non risposero, che quella col prendere il liuto, questa con ripetere sotto voce le note della canzone: quando si furono accordate, Yole cominciò così:
O disiose verginiin mesto suon di pianto
Eco mi fate, e taciteDeh! mi posate a canto;
S'inalza omai la flebileBallata del dolor.
Vivea ne' dì che furonoLutalto, un cavaliero;
Caso, o vaghezza, il trasseroUn giorno a un monistero,
Dove ascoltava un cantico,
Che gli scendea sul cor.
Leva la fronte: il suppliceContempla la giulía,
Di raggio eterno florida,
Sembianza di Lucia,
Che si confuse ai teneriSensi del primo amor.
Nè più ei la mira: assiduoPoichè cercolla invano,
Morto di speme l'alito,
Là di Giudea nel pianoPugna per Cristo, e il fremito
Rugge del suo valor.
In aspri ceppi il miseroTravolto dalla sorte,
La vagheggiata vergineChiama vicino a morte;
Lene su gli occhi e placidoA lui cala un sopor.
Apre lo sguardo immemore,
E le ritorte al piede,
E la invocata in candidaVesta ricinta ei vede,
La guancia effusa in tenueMestissimo pallor: –
E – vivi? – Io l'ale d'angioloScuoto all'aura di Dio,
Lieta volai per l'etera,
Te rendo al suol natio;
Soffri la vita, e affidati
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