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      S'inoltrava leggiero. Un cavaliere di bello aspetto, con la visiera calata, sorreggendosi alla spalliera di un sedile, pareva occupato in profonda meditazione; scosso dal rumore dei passi, osservò, e vide Manfredi; esitava da prima, vacillava; ripreso animo, si avanzò precipitoso, pose un ginocchio a terra, e disse con accento commosso: "Mio Re!"
      Alzatevi, Cavaliere, alzatevi: possiamo dalla cortesia vostra conoscere chi ci sta presentemente dinanzi? Possiamo sapere a che dobbiamo attribuire il bene di godere delle vostre parole?
      Mio Re, se la generosità che altissima suona di voi non mi fa troppo ardito nella speranza, io vorrei pregarvi a lasciarmi sconosciuto; quello che sto per dirvi non è già grazia o favore, perchè la legge lo comanda; pure vado sicuro che me ne dareste guiderdone; sia pertanto, dove a voi piaccia, questo guiderdone anticipato, e consista nella licenza di tenere la visiera calata.
      Manfredi pensò un poco, e rispose: "Sia fatta la vostra volontà; voi siete venuto disarmato nelle nostre braccia, potevate non venirci; già a Dio non piaccia che si abbia a pentire persona di essersi affidata alla fede sveva."
      Gran mercè!
      – soggiunse il Cavaliere, toccandosi sul cuore; dipoi rinforzando la voce riprese: – "Mio Re, voi siete tradito."
      Questo sapevamo, Cavaliere.
      Che? sapete voi che si congiura contro il trono?
      Noi sappiamo che i nostri sudditi sono uomini, e che noi abbiamo sempre tentato di farli gloriosi.
      Non tutti vi tradiscono, e molti darebbero la vita per voi.
      L'ora della prova non è arrivata.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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