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      In somma, per non fermarci più oltre, chè l'ora si fa tarda e lunga la via, da che mondo è mondo nessuna testa fu battezzata, che più di quella potesse fare onore ad un nodo scorsoio.
      Rinaldo seguendo la sua orazione favellava ai circostanti: "Ecco che la Provvidenza vi manda i tempi fatali da voi così lungamente desiderati, e con tanti voti affrettati: stiamo adesso a vedere che sarete per fare. Già le vittoriose armi di Carlo, sgombrandosi innanzi il paese, accennano voler traghettare il Garigliano a Castelluccio e a Cepperano, già si presentano ad espugnare Gaeta: sono con loro la benedizione del Pontefice, il valore che nasce dal buon diritto, la chiamata dei popoli; con quelle di Manfredi, terrore, e paura: che più dunque aspettiamo a ribellarci? – già più di quello che si addice ad uomo prudente abbiamo indugiato. Vogliamo forse che Carlo giunga sotto le mura di Napoli, per sovvenirlo dei nostri soccorsi? Allora qual sarà maggiore, o la scempiezza del Conte nel farci partecipi della vittoria, o la imprudenza nostra nel pretenderlo, io non saprei. Nessun premio senza pericolo, nessun guiderdone senza fatica: anzi, s'io bene considero, parmi che facendo alcuna dimostrazione in pro di Monsignore di Provenza non siamo per correre pericolo di sorta; non anche si muovono le bande armate di Calabria e di Puglia, non anche quelle di Sicilia; sorgiamo, precipitiamo gl'indugii, facciamo che queste forze non si riuniscano; la fortuna non offre più di una occasione; e voi sapete, Baroni, che un oggi val meglio di due domani, e che chi ha tempo non deve aspettar tempo; cada questo colosso di creta sotto l'anatema della Chiesa, sotto il furore degli oppressi.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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