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      Affrettiamo pertanto Monsignor di Provenza a incamminarsi quanto può meglio veloce nel cuore del Regno; e non obbedendo ai comandi dello Svevo, non lo soccorriamo di nostre forze; meglio sarà non rispondere alla chiamata, che lasciarlo solo sul campo: certamente colpevole è il primo partito, ma il secondo è colpevole, e vile. Nè già con questo io voglio dire che ce ne dobbiamo stare disarmati, no; anzi raduniamo le nostre bande, e componiamo un esercito, il quale sia freno al conquistatore, e guarentigia per le cose promesse. – Allorchè invitiamo lo straniero in casa, ben lo dobbiamo accogliere come amico, tuttavolta però con tale apparecchio, che il comportarsi anche egli da amico verso di noi sia cosa non volontaria, ma costretta: quel potere ingiuriare impunemente è grande incitamento alla ingiuria; e quel dolerci della ingiuria quando non si hanno che querele per farla cessare, è stimolo anche maggiore allo scherno. Usiamo della forza che Dio ci ha concessa: veda Carlo, che se ci siamo dati a lui, potevamo anche non darci; e se egli non ci assicura, conosca che possiamo assicurarci da noi.... Ridete, Conte della Cerra? Parlo da stolto io? Per quanto io abbia meditato, non mi venne fatto conoscere come meglio si possa ovviare a quanto esponeva la sera trascorsa...."
      Rido sì, Barone, e a ragione rido, imperciocchè questi vostri provvedimenti somiglino assai a quelli di colui, che, mentre ardono le interne pareti della casa, s'ingegnasse a spengere l'incendio con lo spruzzare i muri al di fuori; e' bisogna distruggere la parte per serbare il tutto; e' fa di mestieri potare i rami soverchi dell'albero rigoglioso, perchè meglio divenga fruttifero.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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