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      ..." E seguitava molto commosso, se non che i Baroni, nulla rispettando la parola del Re, trassero le spade, e proruppero con altissime grida: "Morte ai traditori!... dove sono i traditori?" – e quelli che più urlavano erano coloro che più lo tradivano: il Conte della Cerra fu per perderne la voce; Rinaldo di Caserta alzò la spada, ma rinvenuto dalla sua distrazione, conoscendo che si trattava di difendere, non di ferire il Re, l'abbassò sospirando: – "Non è anche tempo!"
      Il nobile Manfredi levandosi contro coteste voci, prorompeva: "Noi non vogliamo sangue: – sia questo l'ultimo comando della nostra autorità."
      Allora i Baroni non sapendo che cosa gridare, dicevano: "Riponetevi, messer lo Re, la corona che vi abbiamo data; noi spenderemo la vita per mantenervela su la testa."
      Oggimairispondeva Manfredi "la corona di Sicilia, più che di gloria, è diventata di spine: pure noi non rifiutiamo lo incarico, laddove voi partecipiate nei pericoli di sostenerlo; nè noi soli bastiamo: giovi oggi rinnuovare l'antico giuramento; questo è il Cristo medesimo, che ascoltava, ora fa dieci anni, le voci vostre; questi gli Evangeli che sentivano il tocco delle vostre mani: – giurate."
      Se qualcheduno pratico delle cose del mondo domandasse qui, come Manfredi, il quale per indole e per esperienza tanto diffidava degli uomini, si commettesse così di leggeri alla fede loro, e stimasse, che alcune parole proferite avanti una immagine valessero a ritenere dal tradirlo anime, che cessarono di essere innocenti dal punto in cui pensarono al tradimento, noi vorremmo pregarlo a porre mente, che i tempi si erano fatti tali pel figlio di Federigo, che pericoloso diventava il non versare sangue, pericolosissimo il versarlo: vedeva anche egli la debolezza dell'espediente che adoperava, ma aveva meditato sul danno di quello che non adoperava: non già ch'egli abborrisse dalle vendette, chè anzi n'era quanto altro uomo desideroso: pure se nella casata dei traditori avesse avuto qualche amico al suo nome, se lo sarebbe alienato col supplizio del congiunto; ed egli molto abbisognava di amici, chè di nemici ne aveva più del necessario.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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