Il Cavaliere, sia che non sapesse che cosa rispondere, o che altro, si trasse indietro, mormorando: "È un eretico."
Rinaldo, che pe' suoi fini voleva che quel duello si facesse, aveva lasciato dire il Cavaliere, perchè usava un mezzo di persuasione che a lui non istava bene adoperare, e perchè dimostrarsi troppo insistente avrebbe dato sospetto; adesso, conosciuto che quelle ragioni non bastavano, si mise a proporre le sue.
Mio Re,
favellava a Manfredi "voi sapete meglio che persona due essere le cause per le quali a forma delle costituzioni del Regno ha da permettersi il duello nella vostra terra: per crimenlese, e per la morte occulta di veleno, o in qualunque altra maniera data; sì che non potrebbe la Serenità Vostra senza derogare a un tratto...."
E se noi vi derogassimo, Contestabile, che direste voi? Meglio una volta che mai: hanno a vivere eterni gli errori? Niun termine, nessun confine alle follíe dei nostri maggiori? Dorrebbevi forse, che fossero aboliti questi barbari avanzi di tempi infelici?
Giordano Lancia, cugino di Manfredi, a lui per interesse e per volontà sinceramente affezionato, prese ad agevolare il consiglio del Caserta aggiungendo: "Messer lo Re, io stimo bene avvertirvi costituire questi giudizii gran parte dei privilegii baronali; a me pare, che adesso non corra la stagione delle riforme; e di questa, sono certo, si dorrebbero più di ogni altra, come quella che, per consistere in dimostrazioni esterne, più offenderebbe con la mancanza i sensi della gente."
Manfredi, che non aveva creduto trovare così forte impedimento al suo pensiero, mosso dal consiglio di persone tanto autorevoli, si strinse nelle spalle, dicendo: "Pur troppo l'errore giunge con la velocità del desiderio, e si diparte con la lentezza della speranza!
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