– perchè? – io non ne vedo la ragione: questo duello non si ha da fare, nè si farà. Guardiamo se per avventura giunsero i tempi di porre me sotto la protezione del trono, e loro sotto quella della forca.... No, – oggimai è troppo tardi, gli eventi mi hanno strascinato; a mal grado del mio ingegno per ischivare l'unione fatale, l'altrui vita sta essenzialmente congiunta alla mia, nè posso far cadere la scure sul collo dei miei compagni senza ch'io ne perda la testa.... la testa! – qui sì che ci vuole arte davvero: animo, Anselmo, non mancare in questo estremo a te stesso, aguzza lo intelletto, mostra il viso alla fortuna, ella si volge benigna agli audaci, e pensa che non ti resta per la tua salute che audacia. – Così appunto, secondo che narrano le vecchie leggende, quel Gano di Maganza, che occorre nella epigrafe del presente Capitolo, condannato da Carlo Magno allo squarto per aver tradito i Cristiani a Roncisvalle, dove morì il famoso Conte Orlando con la più parte dei Paladini di Francia, ormai presso allo strazio, supplicò l'Imperatore di una grazia, il quale, pur che non fosse di vita avendogliela quegli concessa, domandò di essere squartato da quattro cavalli verdi; invenzione che non giovò a quel tristo, più che ad Anselmo giovasse la sua, perchè dice la leggenda, che Malagigi per arte di negromanzia fece apparire quattro demoni in sembianza di cavalli verdi, e Manfredi con la sua autorità rimosse tutti gli ostacoli che mise in campo il male arrivato Della Cerra.
Mio Re,
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