Il Conte della Cerra più s'ingegna levarsi d'impaccio, più vi si avviluppa, e ad ogni passo gli si chiude un sentiero allo scampo; nondimeno non gli basta il cuore di abbandonare la presa: considerando che quello ostinato celarsi del Cavaliere doveva tener sotto qualche grande mistero, e che dove fosse scoperto avrebbe prodotto accidenti da sturbare il duello, ricorre a nuova sottigliezza.
S'io punto m'intendo di Cavalleria, parmi, mio Re;
favella rivolto a Manfredi "che a me spetti la eletta dell'armi."
Veramente voi parlate la verità: eleggete.
Da che a me sta eleggere, questa è la nota delle armi: due coltelle genovesi di due palmi, taglienti; targa, un mantello di lana; morione in capo, una ghirlanda di fiori.
Molti stupirono alla inaspettata proposta del Cerra, tenendola per animosa; molti, e tra questi Manfredi, con più senno la tennero per codarda, ravvisando in essa un cavillo per impedire la prova.
Noi, come signore del campo,
parlò il Re un po' turbato "non possiamo ammettere coteste armi, insolite al costume cavalleresco."
Io pure non vorrei levarmi da dosso questo vituperio di sospetto in diversa maniera....
Se sia maggiore vituperio dare con la propria condotta luogo al sospetto di tradimento, ovvero la manifesta dimostrazione di sfuggire la prova che potrebbe purgarlo, noi non sappiamo, messer Conte; il primo è incerto, il secondo comparisce certissimo....
La scelta dell'armi non tenga la Serenità Vostra dal concedere il campo,
interruppe il Cavaliere innominato "perchè io posso combattere sconosciuto anche nel modo proposto dallo avversario.
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