Pagina (539/699)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Poi ristrettosi col vecchio congiurato, di cui la troppa età ci ha nascosto il nome, gli disse, che dove il Cavaliere sconosciuto avesse, sì come pareva certo, morto o ferito il Conte Anselmo, egli co' più audaci compagni rompesse le file dei soldati, che non avrebbero fatto resistenza, e s'ingegnasse in tutti i modi di ammazzare anche lui. Il Cavaliere, udito il comando, scosse la testa, e rispose: "Sta bene, – assai mi piace, – ella va in regola, – non dubitate, chè sarà fatto."
      Intanto i padrini, smontati da cavallo, come correva la usanza, si posero a guardare con molta diligenza il proprio campione per conoscere se fosse di tutto punto armato, se alcun pezzo di maglia fosse male affibbiato, se alcuna piastra debole; poi il padrino di Anselmo andò al Cavaliere innominato, e verificò di propria mano se sotto i cordoni di seta, che allacciavano il bacinetto alla gorgiera, fosse rame, ferro, od altro metallo; lo stesso praticò il Conte Angalone con Anselmo, e trovarono tutto senza frode. Ciò fatto, i combattenti mutarono tra loro le spade, perchè la consuetudine voleva che l'uno combattesse con la spada dell'altro; e queste pure vennero provate dai padrini per escludere il sospetto, che fossero fabbricate con ingannevole magistero, o con falsa materia; la lunghezza non misurarono, perchè giusto per essere quella di Anselmo più corta e quella di Rogiero più lunga, si compensava così il vantaggio di statura, che l'ultimo aveva sul primo.
      In quei tempi non facevano altre ricerche: in appresso, variati i costumi, pervertiti gli animi, e prevalso l'uso che il provocato portasse arme offensive e difensive per sè e pel provocatore, fu di bisogno consumare gran parte del giorno in questa prova, perchè tra l'armatura mescolarono alcuni pezzi inchiodati con chiodi di stagno, elmi bruniti dentro per modo che togliessero il vedere, o fatti con arte tale che non si potesse guardare se non in cielo, guanti che forte stringendo cacciavano fuori punte che ferivano le mani che li portavano, usberghi avvelenati, che escoriata la pelle il mortifero veleno trasfondevano nel sangue; che più? perfino panzeroni e schinieri fatti di cartone, e acconciamente coperti di foglie di argento; onde quelle buone anime di scrittori che composero libri intorno questa materia, ebbero ad esclamare sovente: o tempora! o mores!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





Cavaliere Conte Anselmo Cavaliere Anselmo Cavaliere Conte Angalone Anselmo Anselmo Rogiero