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      Io griderò tanto, che alcuno mi sentirà....
      – Tu non griderai, – pensò il cervello del Caserta, e fu quella sentenza di morte: poi, levatosi in piede, si pose la destra sotto il farsetto, e si accostò al giacente: "Or via, tacete, amico," gli disse "da che questo è il desiderio vostro, io vi contenterò...."
      Sì? gran mercè.... Dio ve ne rimeriti in questo stesso punto.... andate....
      Vado, solo vi prego che non isveliate i nomi....
      Ve lo prometto.
      State di buon animo.
      Sto.... ma andate.
      Vado. – E qui che sentite?
      – domandò il Caserta, premendolo con la manca presso la ferita.
      Dolore!
      E qui?
      scorrendo con le dita, e toccandogli la clavicola sinistra.
      Dolore!
      E qui?
      Mo.... orte!
      Il Conte Rinaldo, sottentrando velocemente con la destra alla manca, aveva piantato fino al manico un pugnale nel cuore allo infelice Anselmo; e súbito ritirandosi per non essere bruttato dal sangue, stette con istupida curiosità a contemplare le scosse che faceva il coltello secondo che riceveva gli impulsi dal viscere lacerato: quando si fu del tutto estinto quel moto, e la vita con esso, lo estrasse, prendendolo pel bottone con l'indice e il pollice, e si pose a nettarlo, fregandolo traverso il ventre del morto. – "Povero Anselmo!" frattanto andava dicendo "ve' un poco come hai finito. Ma! se lo dice il proverbio! finchè abbiamo denti in bocca, non sappiam quel che ci tocca; la tua lunga servitù, l'antica amicizia nostra, non meritavano questo, no certo; nè io ti portava rancore, odio nemmeno: ecco, ti ho incontrato su la mia via, ed io ti ho distrutto.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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