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      – Afferrava la larva il cavallo pel freno, e con voce, che sebbene superasse lo stridore del turbine, tuttavolta da nessuno fu intesa, fuori che da Manfredi, gridava: – Ben venga il figliuol mio, sono degli anni più di venti che io ti aspettava sopra questa via: – ed alla fine delle parole lo trasportava con tanta veemenza, che il Re, nè credendo nè sentendo di toccare più terra, si avvisasse di correre alla bocca del Vesuvio per essere precipitato dentro l'Inferno: quando ecco rimanersi lo spettro, lasciare il morso, e, protendendo la mano spiegata in atto di respingere, con orribile ululato sprofondare; il cavallo, che fino ad ora se ne andava a rovina, s'impennava; nè per quanto Manfredi v'impiegasse d'arte e di fatica, poteva farlo avanzare di un passo, chè anzi, ricalcitrante, più e più sempre indietreggiava. Sopraggiunsero i cortigiani, e maravigliando che anche i proprii cavalli, aombrando, repugnassero inoltrarsi, cavato un fuoco greco93 di una lanterna, si misero a speculare per la strada: – un cadavere deturpato vi giaceva traverso; aveva la testa affatto scarnita, meno qua e là qualche straccio di cotenna sanguinosa; la spalla destra divorata fino alla mammella; il fresco sangue diceva chiaro quella strage essersi operata da poco tempo; mostrava il petto macolo dalle pedate dei cavalli, sdrucito in moltissime parti dalle branche e dalle zanne dei lupi, che, porgendo le orecchie, intesero non lontani brontolare, come rabbiosi che avessero loro rotto quel pasto: non vi fu bocca che non mandasse grido a cotesta miseria, non cuore che non sospendesse il suo palpito.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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