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      Manfredi ordinò che lo togliessero alla paura dei suoi soldati, gittandolo giù pel macchione. Tali, e non altre furono l'esequie che ebbe quell'infelice dai suoi fratelli. Credesi fosse un povero montanaro che andasse di notte per giungere assai di buon tempo in Benevento a vendere certa cacciagione, e prima di terza ritornare a vedere i suoi figliuoli.... Avanti di partire, con essi loro ringraziava la Provvidenza che gli aveva fatto trovare tanta salvaggina, unica causa del suo viaggio....
      Manfredi commosso, non isbigottito, da tante vicende, guardò il firmamento, e minaccioso parlava: "Ben puoi strapparmi la corona del capo, bene anche il senno, pel quale gli uomini mi hanno esaltato, – ma io ti sfido a levarmi la costanza."
     
     
      CAPITOLO VENTESIMOSESTO.
     
      IL SARACINO.
     
      Messo.
      Fuggite, o triste e sconsolate donne,
      Fuggite in qualche più secura parte,
      Chè i nemici già son dentro le mura.
      Sofonisba.
      Ove si può fuggir? Che luogo abbiamo,
      Che ci conservi, o che da lor ci asconda,
      Se l'aiuto di Dio non ci difende?
      Sofonisba, tragedia antica.
      No, non ha vinto il Provenzale; egli ha varcato il confine, sì come il mercante che dal contado romano trapassa nel Regno: sieno esse queste le sue glorie! non gliene serbi il destino diverse! questo desideriamo, questo speriamo, questo con ogni intento nostro faremo. Esalti nella grossezza della mente la vergogna di sì fatta vittoria; – a lui non concessero i cieli neppure il pudore, che non manca al ribaldo, di godersi in silenzio il frutto dell'infamia: certo, se così non vince, altramente non vince; conosce al mondo qual guerriero è costui: stanno in Egitto le memorie delle sue imprese, dove seppe ricomprare a contanti94 una vita che non aveva saputo spendere combattendo per Cristo.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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