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      Oh! causa di Dio in quali mani affidata! Poco era il dolore dei Fedeli nel vedere il tuo santo sepolcro in mano dei cani, che tu dovessi aggiungervi il molto più grave di farti contaminare la venerata bandiera da cotesto masnadiero francese? Male si conquistano i Regni con le arti; nè cammino di sicurezza, bensì di vituperio, è quello del tradimento. Su la via che conduce alla reale Napoli ora sorge Manfredi, armato della spada dello Imperatore Federigo, preceduto dall'Aquila, usa per tanti anni di vittoria a riposarsi nel padiglione dei vinti, ricinto dai fedeli Baroni, che a palmo a palmo ricuperarono prima, e poi gli donarono il Regno. Diverse battaglie ti si apparecchiano adesso dalle tue provenzali: qui non sono vassalli difesi dalla sola innocenza, qui non Baroni tutelati dalla sola giustizia; certo, se queste sole ci assicurassero, ora noi ci daremmo per vinti; – tu sei invincibile, e la gente lo sa, contro la innocenza: ma noi assicurano diecimila tra Pugliesi e Tedeschi, tutti i Saraceni di Lucera, mirabile quantità di saettamento, mura inespugnabili, perigliose paludi, monti inaccessibili. Che andiamo parlando noi di paludi, di monti, di baluardi? Siamo noi forse tali che abbiamo bisogno di bastite per usberghi? Forse tanto dall'antica virtù decaduti, che alle anime nostre desideriamo altra difesa che il proprio petto? Dovrà la superbia francese vantarsi della insperata onoranza? La virtù italiana dolersi della inusata vergogna? A noi duole trattenerci perfino in queste finzioni d'ignominia.


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La battaglia di Benevento
Storia del secolo XIII
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1852 pagine 699

   





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