– Dio grande e Maometto suo Profeta concedano lunga vita, e facciano bene a chiunque leggerà dirittamente questa lettera, come donino breve la via, e la ambasciata gradita a chi la consegnerà al mentovato Conte, capitano Giordano d'Angalone. – Servo di Dio Jussuff della stirpe dei Ben-izeyen, Amira dei Saraceni di Puglia."
Il Conte Giordano, letto con molta attenzione il cartello di sfida, aprì un suo forzieretto, e, cavatine alquanti agostari, gli mise in mano all'araldo saraceno dicendogli: "Questi terrai per mio amore." Quindi con voce più bassa aggiunse: "Dirai al tuo signore che sono parato a compiacergli di quanto desidera, che dimani lo aspetto in cortesia alla mia mensa, e levate le tavole entreremo in isteccato, dove Dio darà la vittoria a chi meglio gli piacerà."
Il caso non potè di tanto celarsi che non giungesse agli orecchi di Manfredi, il quale, molestamente comportandolo a cagione dei tempi, e volendovi, come savio, porre rimedio, venne a far quello che non avrebbe mai dubitato, cioè a renderlo più funesto a sè, e alle cose sue. – Noi non possiamo, per quante meditazioni vi abbiamo fatto sopra, conoscere da che cosa derivi, nè chi la mandi, ma esiste certo una persecuzione, terribile per le sventure che apporta, molto più terribile pel mistero in cui sta nascosta, la quale converte in opera di scempiezza il consiglio della sapienza, lascia al male il suo amaro, toglie al bene il suo dolce, perverte il cuore e la mente, ti volge in danno l'amore dei tuoi fedeli, ti muta in triboli del corpo ogni oggetto che tocchi, in ispine dell'anima ogni disegno che séguiti; disperata persecuzione, che ti opprime come un peso gravissimo imposto su la tua vita mortale, e che, te consapevole, la costringe a sprofondarsi di mano in mano nella terra che la sostiene, finchè le chiuda, quasi lapida anticipata, la bocca del sepolcro.
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