– Il Conte d'Angalone obbedendo ai comandi si presenta al cospetto del Re, si avanza con passi incerti, a testa dimessa, pallido per la faccia, sicuro di avere incorso nello sdegno del suo signore: non ricevendo cenno d'inoltrarsi, di fermarsi nemmeno, ristette a giusta distanza. – più lontana del consueto però: – una volta ardì levare gli occhi per vedere Manfredi (a cuore bennato come giunge sconfortante l'ira della persona reverita!); non gli bastò l'animo a sostenerne l'aspetto; e di súbito li rivolse al pavimento. Stavasi il Re seduto nella severità della sua giustizia, guardando fisso, accigliato, il povero Conte. – Dopo un buon quarto d'ora di silenzio, nel quale parve, al d'Angalone avere attorno tutte le generazioni dell'uomo da Adamo in poi a contemplare la sua vergogna, e mille volte maledì l'ora del suo nascimento, e sentì come s'incontrino pur troppo occasioni per la vita nelle quali, come sommo bene, si desidera la morte, la voce del Re prese a favellare gravemente in questa sentenza: "Lasciamo a voi, messere Conte, decidere, se dal sospetto del vostro Re, o da altrui, dipenda che egli non sappia oggimai più distinguere gli amici dai nemici suoi. Mentre un esercito di Barbari, cupido delle nostre sostanze, intento al totale nostro esterminio, ci sta schierato di fronte, e c'insegna a vigilare concordi se vogliamo salute, v'ha tale che ardisce avvilire con gli ultimi oltraggi un condottiero a noi per onorevole servitù, per lunga e provata fedeltà, dilettissimo; un condottiero che forma la principale forza delle presenti difese, e che dove egli si ritirasse, o tradisse, a noi non rimarrebbe altro scampo che raccomandarci l'anima ai Santi; e questo tale che l'osa, ardisce poi chiamare infame il Conte di Caserta.
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