A voi, Conte Giordano, lasciamo decidere qual di costoro sia più traditore, e meriti maggior nota d'infamia; – se il delitto si misura dal danno, chè certo si misura, questi ne tolse la sua persona con alcune masnade di vassalli, quegli ne toglie ogni difesa, ne precide la via della vittoria; noi, i nostri figli, e i sudditi nostri consegna avvinti al nemico; nè qui si ferma costui, che, con inudito ardire trascorrendo, sprezza le leggi del Regno, sprezza la persona di un Re, il quale prima scerrebbe seppellirsi sotto la rovina del trono, che soffrire nella più lieve parte vilipesa la sua reale autorità; e manda cartelli, e propone abbattimenti, e sotto i nostri occhi medesimi apparecchia le armi. Tanto insolito e grave affare egli è questo, o Conte Giordano, che noi, come savio signore, dubitando che l'ira non ci turbi la mente, e s'intrometta nei nostri giudizii, abbiamo voluto, prima di pronunziare sentenza, consultarvi della vostra opinione: dite."
Messer lo Re,
con tardo e interrotto discorso rispondeva il Conte Giordano "io mi confesso colpevole; il cartello non mandai, ma accettai, perchè così doveva fare chiunque porta sproni, e spada di Cavaliere: ogni più grave pena a cui piaccia alla Serenità Vostra sottopormi accetterò con lieto, non che con tranquillo animo; solo vi prego a non volermi di tanto avvilire ai vostri occhi che me paragoniate a quel vituperato Caserta; ciò non meritano, non dirò le mie opere, sì bene quelle dei miei maggiori, in pro della casa vostra eseguite; ciò non la fama per tanti anni illibata.
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