Mongioia! Viva Francia, e San Martino! – Svevia! Svevia! Viva Manfredi, e l'Aquila imperiale! – Ardevano gli animi già tanto inferociti, e senza distinguere gli amici dai nemici badavano a tagliare chiunque cadeva lor sotto. –
A terribili tenebre succedeva terribilissima luce: sorgeva lo incendio; appariva una scena degna di essere contemplata dal Demonio; armi, uomini, animali a rifascio; la sembianza del morente più compassionevole dal lume sinistro, quella dell'uccisore più minacciosa; braccia e spade luccicanti, quasi sospese nel vano, scaturire dal buio, piagare, e involarsi; volti di caduti che alle scosse del dolore talora si nascondevano nell'ombra, e talora comparivano al riverbero delle fiamme, ad ogni istante mostrando essersi accostati di un passo alla morte: atti supplichevoli tronchi da fiere percosse, e le percosse vendicate da peggiori omicidii; il sangue chiamava sangue: chi uccideva di fronte spesso cadeva trafitto da tergo: – nè i cavalli imperversati menavano danno e paura minore dei cavalieri (tutto alla scuola dell'uomo si perverte]; furiavano traverso la battaglia nitrendo, e parea che dalle narici dilatate fiutassero l'odore della strage; laceravano co' morsi, rompevano scalpitando; le zampe fino alla prima giuntura avevano ingrommate di sangue. Prevale l'incendio nella forza della rovina; però che con lampade siffatte conduca le sue lucubrazioni99 la guerra.
È da credersi che dove i Pugliesi non avessero rimesso un po' dell'animo loro per la presa inaspettata della terra, o pel timore che i Saraceni volgessero le armi contro Manfredi non si fossero avviliti, sarebbero stati vincitori; ma sfiduciati al punto in cui maggiormente abbisognavano di costanza, e con valore stupendo feriti dai Francesi sovvenuti del continuo di gente fresca, cominciarono a piegare: solo si reggevano nella contrada dove combatteva Manfredi; pure anche in questa assaltati dalle vie circonvicine, venute in potere del nemico, voltarono le spalle gridando: – salva chi può.
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