Oh! quale era la faccia della meschina! Oh come stendeva le braccia al trapassato! Con quanti conati s'ingegnava colei per sottrarsi alle braccia che la menavano! I cavalieri che correvano dietro la posta di Manfredi levarono un grido, passarono via: solo uno uscì di fila, e spingendo in abbandono il destriero arrivò improvviso alle spalle del soldato, e levando più alto che poteva la destra, e acconsentendo con tutta la persona, di tale un colpo lo ferì su l'elmetto, che la mazza d'arme, spezzati i cerchii di ferro, s'internò più che mezza nel cranio; una vena di sangue gli spicciava bollendo dal capo.... barcollava.... cadde, – nè la mano abbandonò le trecce della giovanetta, anzi stringendo rabbioso gliene svelse gran parte; i bei capelli che scaturivano dalle dita, attestavano la sua brutalità, sì come il cranio fesso il castigo. La tapina donzella ricadde bocconi sul morto, o riprese il lamento più fiero di prima.
Ora non torni grave, di grazia, se adoperando un privilegio comune ai Novellatori, noi, per tornare un passo indietro, dobbiamo alcuna cosa raccontare della Regina Elena, e dei suoi figli.
Corrado di Pierlione Benincasa preposto alla custodia del palazzo reale di San Germano, conosciuta disperata la difesa della terra, maravigliando di non vedere comparire Manfredi allo scampo dei suoi, e però timoroso che fosse rimasto ucciso, ragunati in fretta quanti cavalieri stavano in palazzo, favellava: "Signori Cavalieri, chiunque tra voi desidera comperare la vita con la vergogna, esca immediatamente, e vada a ricovrarsi ove la coscienza gli detta; chi poi ama restare fedele al suo Re, sappia che non gli rimane altro che una morte onorata.
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